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Santuario del Santissimo Crocifisso

NomeDescrizione
ComuniNOVARA

Descrizione

Il Santuario del Santissimo Crocifisso godeva di fama miracolosa. Infatti, presso la seicentesca cappella votiva costruita su un masso roccioso, un giovane si era ripreso da una grave crisi epilettica ed il mercante Curioni si era salvato dall’assalto dai banditi che si appostavano lungo la via Traversagna. Il luogo dopo un secolo era divenuto una grande meta devozionale. Dopo cinquant’anni l’affluenza dei pellegrini faceva proporre al cardinal Morozzo di realizzare un porticato coperto con affreschi della Via Crucis e si affidava il progetto al valente ingegnere Giovanni Agnelli che, nel 1820, faceva costruire un portico attorno allo scurolo.
“E mentre si attendeva di arricchire il nuovo portico con affreschi, compare un giovane di appena ventidue anni, studente d’ingegneria e di architettura a Torino, dalla intelligenza vivissima, animato da una volontà ferrea di farsi un nome nella storia dell’arte, buttandosi pienamente nel fervore religioso che animava tutta la zona.".
A chiamarlo nel 1821 fu Andrea Rezzi, parroco di Boca e reggente del Santuario, di sua iniziativa e per aver sentito di come il giovane Antonelli stesse dimostrando la sua bravura nella chiesa parrocchiale di Maggiora. Il laureando Alessandro Antonelli aveva in mente un grandioso progetto, che rielaborò in più versioni a partire dal 1827 fino al 1831. Intendeva spostare il torrente Strona perché la cappella del Crocefisso avrebbe dovuto essere a sua volta trasportata all’interno di un grande scurolo, attorno al quale si sarebbero fatti correre i portici, che poi avrebbero fiancheggiato il maestoso tempio da erigersi con dimensioni sorprendenti. L’intero complesso sarebbe stato costruito con mattoni cotti sul posto nella fornace, aperta nel 1768 nella parte retrostante il santuario e di cui oggi sono visibili alcune tracce. Nel 1830 Antonelli apportava delle modifiche: mirava ad eliminare la vecchia cappella per far della Rotonda il vero e proprio scurolo. All’interno della basilica, il posto della chiesa settecentesca veniva quasi tutto occupato dall’abside. Il pronao diventava ottastilo, il piazzale si arricchiva di una vasca centrale con colonne e di una scala a semicerchio come cinta. Nelle diritture delle colonne laterali erano previsti due caseggiati ad uso di ricovero per i pellegrini. Nel 1831, a completamento, si aggiungeva l’erezione di una torre campanaria a candelabro di centodiciannove metri di altezza, “faro” di religiosità che si sarebbe visto da lontano. Il grandioso progetto ideato, abbozzato e disegnato sulla carta cominciò a prendere corpo nel 1822 con la demolizione dei portici innalzati dall’Agnelli e con lo spostamento del torrente. I lavori però si sospesero ben presto dando vita a quel “calvario” d’interruzioni e riprese che in zona fece dire poi “è lungo come il santuario”.
Antonelli non riuscì infatti a terminare la sua operà. Toccò al figlio ingegner Costanzo portare a termine il Santuario che venne inaugurato nel 1895. La storia del Santuario nel tempo unì ancora il miracoloso Crocifisso all’ardimentoso Architetto. Il 30 agosto 1907 alle tre del pomeriggio si verificò il crollo di nove delle dodici campate della parte destra della basilica. Gli stuccatori, allertati da un sacerdote, si salvarono. Fortunatamente i soldati, attesi quel pomeriggio in numero consistente perché impegnati sul territorio per le esercitazioni, erano in ritardo. L’ingegner Costanzo vide dalla sua casa di Maggiora il disastro e corse sul posto. Accorse anche il re Vittorio Emanuele III che si trovava a Gattico in concomitanza con le giornate di grandi manovre. L’ispettore del Genio Civile Giuseppe Gattico e la Commissione Tecnica rilevarono concause da attribuirsi alla catastrofe: lesioni dovute a folate di vento e fulmini (scatenatisi nei giorni precedenti) nel fusto di due colonne sulle quali Costanzo Antonelli stava già facendo predisporre anelli di fasciatura; cattiva disposizione delle pietre di struttura dei fusti delle colonne; pressione troppo elevata sui fusti delle colonne. La ricostruzione non fu né facile né breve. Venne richiesta una rielaborazione che desse garanzia comprendente lo scheletro di cemento armato per la copertura, cosa non subito accettata da Antonelli che dimostrò divergenze sulle procedure e che, affiancato dagli architetti Crescentino Caselli e Stefano Molli, si dimise dalla direzione dei lavori nel 1915.
Il santuario antonelliano venne aperto al culto nel 1917. Il santuario antonelliano, benché incompiuto, ha il potere di sorprendere: improvviso compare tra i boschi, poderoso nella struttura, rosso nel colore, impossibile ignorarlo. All’ingresso del grande tempio c’è l’Architetto (il busto scolpito da Giulio Milanoli) con il suo progetto in mano a confermare che il Santuario è “suo”.

Testo: Fulvia Minazzoli
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