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Ospedale Maggiore della Carità

NomeDescrizione
ComuniNOVARA

Descrizione

L’Ospedale Maggiore della Carità di Novara, originariamente ubicato nel sobborgo di Sant’Agabio, risale con ogni probabilità alla prima metà del Mille e in origine era luogo di ricovero per i poveri; solo in seguito si aprì agli ammalati, agli esposti e ai pellegrini. Dedicato a San Michele, assunse fin dall’inizio il nome di “Casa di San Michele della Carità”. Pur essendo un istituto religioso, dipendeva dal Comune di Novara, che all’interno dell’ordine degli Umiliati nominava gli amministratori, come attesta la bolla emessa dal pontefice Sisto IV nel 1482. Nel XVII secolo i fabbricati originari furono demoliti per intervento degli Spagnoli e l’ospedale si trasferì dove ancora si trova. Il nuovo edificio, finanziato con mezzi propri e con il denaro ricevuto dal governo spagnolo, sorse su progetto dell’architetto Soliva, che affidò i lavori ai capimastri Gallo e Botta; il fulcro della costruzione era il cortile centrale, tuttora esistente, intorno al quale erano disposti i locali per gli ammalati e i servizi. L’eleganza e la signorilità già evidenti in questi spazi saranno poi il carattere distintivo della struttura anche nelle rielaborazioni e nelle aggiunte successive. Entro il recinto dell’Ospedale, che fu inaugurato nel 1643, furono trasportate la chiesa e la parrocchia di San Michele. All’abbellimento degli edifici si iniziò a provvedere a partire dal 1822, con interventi di decoro architettonico sulla facciata principale e sui lati esterni progettati dall’architetto Stefano Ignazio Melchioni, a cui si deve anche il progetto di ampliamento di alcuni corpi retrostanti il cortile Soliva. Questo ampliamento fu reso necessario sia dallo sviluppo delle attività dell’istituto, sia dalla crescita della popolazione. Sono questi gli anni in cui l’Ospedale inizia a farsi carico anche dei malati di mente e dei malati di sifilide. Inoltre, inizia ad impiegare, accanto alle suore e ai religiosi, anche personale laico salariato: alcuni medici e infermieri, uno speziale, una levatrice e alcuni addetti a lavori subalterni. A metà Ottocento, per rispondere alle nuove esigenze di medicina sociale e per andare incontro ai nuovi bisogni determinati dalla crescita economica e demografica della città, l’Amministrazione dell’Ospedale, affidò all’architetto Alessandro Antonelli l’incarico di progettare ulteriori ampliamenti.
Il primo progetto, del 1850, ebbe un periodo di gestazione piuttosto lungo e in seguito fu notevolmente ridimensionato. Il cuore del lavoro è il grande edificio a L che, insieme con il cortile del Soliva e nonostante le alterazioni subite a causa della costruzione della chiesa nel 1930, rimane ancor oggi il simbolo dell’Ospedale. Questo edificio doveva essere la nuova, grande infermeria; la corsia centrale, costruita pochi anni prima e destinata agli ammalati, venne affiancata da due corridoi e da due corpi più bassi in cui vennero ubicate le camere a pagamento. I corridoi avevano il compito di collegare il nuovo edificio con il resto della fabbrica; l’areazione venne garantita da un sistema di finestre e di griglie, che scaricavano all’esterno l’aria viziata. I lavori presero avvio l’11 aprile del 1856 e nel marzo dell’anno successivo “sono già completi i sotterranei e sono già formati gli archi sottostanti al piano dell’infermeria”, nonostante un richiamo fatto all’impresa Ferè, che non seguiva le indicazioni del contratto. Nel mese di agosto del 1857, dopo la demolizione dei pilastri imposta all’impresa, visto che gli stessi erano stati realizzati con materiali scadenti, l’assistente di cantiere, geometra Carlo Crida, scrive che “la lotta continua e non si vede speranza di ravvedimento”. Precisa anche che “i due assistenti, che prima furono alquanto disubbidienti, divennero disubbidientissimi”. Era loro abitudine, infatti, introdurre in cantiere mattoni “ferraioli” e “albasi”, cioè scadenti, eludendo i controlli; innalzare ponti di servizio “spiacevoli solo a vederli” e comporre calce non rispondente ai requisiti. Si arrivò addirittura ad una causa, vinta dall’ospedale, e dopo una sospensione dei lavori di qualche mese, si riprese nel maggio del 1858 fino al 1861. Il progetto dell’Antonelli, proseguito fino al 1864 e grazie al quale le aree ospedaliere vennero edificate secondo i nuovi criteri di funzionalità e le nuove esigenze igieniche, permise di sfruttare in modo razionale gli spazi, anche quelli sotterranei, senza tuttavia trascurare l' aspetto decorativo, ispirato allo stile neoclassico. L’aspetto originario della struttura è ricostruibile grazie ad alcune foto storiche scattate ad inizio Novecento dal fotografo novarese Carlo Anadone.

Testo: Federica Mingozzi
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