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Chiesa dei SS. Bartolomeo e Gaudenzio

NomeDescrizione
ComuniBORGOLAVEZZARO

Descrizione

Per comprendere la genesi dell’odierna chiesa parrocchiale di Borgolavezzaro, è necessario fare un salto indietro nel tempo di diversi secoli.
Il paese nasce come borgo franco nel 1255 per volontà del Podestà di Novara Peracha Lavezarius.
La costruzione della nuova chiesa intitolata a San Gaudenzio, documentata negli Statuti novaresi del 1289, risulta “pubblico sumptu”, cioè per iniziativa del Comune, originando una tradizione che permarrà anche nei confronti della costruzione antonelliana e che dura tutt’oggi. A questa prima, parzialmente danneggiata dalle truppe francesi, ne segue un’altra edificata nel 1565 sul sedime della precedente, in centro al paese.
Alla fine del XVIII secolo anche la seconda chiesa di San Gaudenzio è ormai fatiscente e le sue dimensioni risultano troppo ridotte per una popolazione in continuo aumento. Nel 1800 viene demolita l’antichissima chiesa parrocchiale di Borgolavezzaro, quella di San Bartolomeo, e il titolo viene aggiunto alla chiesa che risulta così essere intitolata ai SS. Bartolomeo e Gaudenzio. Nel 1828 diviene parroco Giovanni Pietro Jacchetti. Appena giunto a Borgolavezzaro coglie il problema ed innesca un processo che porterà alla costruzione del tempio antonelliano. Anche la popolazione, sensibilizzata al problema, si entusiasma all’idea e si mette a produrre in località detta “Fornaci”, ad est dell’abitato, una grande quantità di mattoni. In questa vicenda risalta il generoso impegno della comunità e l’originale metodo di trasporto dei mattoni dalla fornace: nelle ore libere da lavori e nei giorni festivi, un’interminabile fila di cittadini, gratuitamente, si passa i manufatti di mano in mano fino al centro del paese e li deposita nella piazza. Sembra tutto imminente per l’avvio dei lavori ma nel 1834 l’Intendenza di Novara sospende ogni attività per questioni finanziarie. Passano gli anni e nel 1837 i mattoni, ancora depositati in piazza, vengono messi all’asta per reperire fondi da destinare al restauro. Al ricavato della vendita si aggiungono le 4.000 lire del lascito testamentario della nobildonna Francesca Tornielli. Valutato alfine come eccessivo lo sforzo necessario per il recupero del fatiscente edificio, il Comune, d’intesa con Fabbriceria e Parrocchia, risolve di costruirne uno nuovo affidando l’incarico della progettazione all’Architetto Alessandro Antonelli, che nel 1846 elabora un primo studio prendendo come riferimento la chiesa di Oleggio. Dopo vari progetti bocciati, nel 1857 viene approvato dal Comune il nuovo progetto. Si rende però necessario partire al più presto con i lavori, essendo il paese già da più di un anno senza chiesa.
Con il 1862 hanno ufficialmente termine i lavori. La Vigilia di Natale dello stesso anno la chiesa viene aperta al culto. Ad eccezione dell’altar maggiore – viene riutilizzato quello del 1754 – e della balaustra della chiesa precedente, mancano tutti gli arredi. La facciata è caratterizzata da un pronao con quattro grosse colonne di granito. Nella vetrata semicircolare si riscontra una modifica rispetto al progetto antonelliano: la parte centrale è stata chiusa in corrispondenza dell’organo, posto all’interno della chiesa in un secondo tempo. Il portale principale è sovrastato da un affresco raffigurante il martirio di San Bartolomeo. Nel timpano è inserito un busto di Dio Padre ai cui lati emergono in rilievo le figure di due angeli. Questi ed altri elementi, come paraste e semicolonne che intervallano lo spazio scandendo la griglia antonelliana, denotano i riferimenti classici dell’opera. L’interno si presenta ad unica navata coperta da un’ampia volta a botte, che costituisce l’elemento architettonico più interessante dal punto di vista statico. Alla teoria di colonne interne ribatte sui muri perimetrali una successione di paraste che sorregge i tetti laterali e contribuisce a contenere la spinta orizzontale della volta, contrastata anche dai 7 tiranti in acciaio imposti all’Antonelli dal Genio Civile per motivi di sicurezza. All’ingresso nella chiesa l’occhio è rapito tuttavia dall’imponente arco trionfale che sovrasta il presbiterio, con i cinque grandi medaglioni raffiguranti Cristo e gli evangelisti. Interessante anche la soluzione del coro coperto anch’esso da una volta ellittica. Anche la chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaudenzio, quindi, esprime il genio dell’architetto novarese il quale, non lasciandosi frenare dalla perifericità dell’intervento, ha saputo realizzare un tempio degno della sua fama.

Fonte: Bruno e Flavia Radice
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