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Allea. Monumento ai caduti

NomeDescrizione
ComuniNOVARA

Descrizione

Sbucando dai portici, oltre il palazzo del Mercato, Alessandro rimirò il doppio filare di castagni che facevano piena d’ombra l’allea: «Vieni, andiamo a vedere il monumento ai caduti» disse con entusiasmo. In realtà non gli importava nulla del monumento. Sorge in fondo all’allea, su un rondò circondato da ippocastani, che bisogna vedere in fiore, con quel fiore a piramide, alto due spanne. Ci sono anche, in cerchio, molte panchine. Il monumento se lo ricordava molto bene: sul davanti la grande figura d’una donna sorregge un corpo maschile nudo, un soldato – per concessione della retorica – moribondo o morto; dietro un bassorilievo raffigura scene dionisiache, con danzatrici anche loro nude e putti che giocano fra quelle gambe e uno pizzica le natiche e un altro le bacia.
Ai tempi del ginnasio un suo professore aveva dedicato una poesia al monumento e due versi dicevano: «Della vita dell’uom sintesi vera / dietro impazza e davanti si dispera». Ma nell’attimo in cui aveva detto: «Vieni, andiamo a vedere il monumento», era stato preso da un altro ricordo.
… in una invernale domenica di pioggia, verso sera, era rimasto seduto per ore ed ore su una panchina del rondò. Aveva vent’anni e si credeva veramente disperato. L’acqua si insinuava tra l’impermeabile e il collo, le scarpe erano fradice, le cosce gli si irrigidivano per il freddo, ma non si moveva. Era dominato da un’ira giovanile, quindi cocciuta e senza sfogo. Poi era passato un ubriaco, un tale detto Martin, povero calzolaio magro e risucchiato, che tutti conoscevano: aveva la voce rauca, camminava urlando: «Di quella pira l’orrendo fuoco» e si toccava il petto. Martin si era fermato. Vacillando sulle lunghe gambe gli aveva detto, con una risata cavallina: «Ma al sarà mia stupid anca lú». Ricordava d’essersi tanto impaurito (o vergognato), che subito si era alzato in silenzio ed era scappato via…
L’ora era deliziosa e seduti su quella panchina, che aveva ritrovato ridipinta da poco, la veduta s’allargava su un quartiere nuovo della città, su una strada, di là del bastione, piena di ciclisti sgam-bettanti come in un carosello senza fine. Da quelle parti, proprio sotto il bastione, c’era ancora il campo di hockey e alcuni giocatori, veloci sulle rotelle, disputavano una partita di allenamento e il rumore delle loro brevi corse dava l’impressione di un brontolante temporale estivo. Qualche grido, che giungeva sino a loro, pareva un richiamo d’allegria, anche se era un improperio.
«Sascia, a che cosa pensi?»
«A niente. Andiamo a prendere un aperitivo. Poi sarà l’ora di mangiare»
[…] «Sto diventando anch’io un ricordo, nient’altro che un ricordo per tutti quelli che incontro» disse a un tratto.
(Enrico Emanuelli, Uno di New York, Interlinea)
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 Allea - Monumento ai Caduti [.mp3 / 3.406 Kb]
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